«Ora so con certezza che quella è stata la decisione più saggia che potessimo prendere: la nostra casa immersa nel verde ha rappresentato, in questi mesi difficili, una vera salvezza». Filippa Lagerbäck rivela a Ok Salute e Benessere quanto sia stato importante per lei essere in contatto con la natura durante il confinamento. Non è stata una scelta semplice quella di abbandonare la città per trasferirci in una zona più isolata, vicino a Varese. Io e mio marito Daniele lavoriamo a Milano e questo comporta una maggiore organizzazione logistica per tutti. Diciamo una soluzione meno comoda ma sicuramente più vantaggiosa sia in termini di sicurezza, specie per una figlia adolescente, sia per i benefici derivanti dal contatto giornaliero con la natura.

Filippa Lagerbäck: noi svedesi siamo abituati a vivere in mezzo alla natura

Da buona svedese per me era strano non avere un rapporto confidenziale con piante, fiori e persino con il silenzio. Quando ero bambina vivevo a dieci chilometri da Stoccolma e non ho il ricordo di un solo pomeriggio passato chiusa in casa. Dopo la scuola io e i miei amici giocavamo nei boschi, facevamo il bagno nel lago e ci arrampicavamo sugli alberi, godendo della luce d’estate che non finisce mai.

Durante i mesi invernali creavamo castelli di neve e stavamo sdraiati in giardino a catturare i fiocchi che scendevano dal cielo. Il rapporto stretto con la natura me l’hanno trasmesso mia madre e la scuola. A ogni modo, tutto il popolo svedese vive sempre all’aria aperta, praticando tante attività come pattinare sui laghi, persino sul mare d’inverno! Con la mamma, inoltre, andavo a raccogliere i mirtilli e i funghi d’autunno e con la canoa
raggiungevamo, d’estate, qualche isoletta deserta per trascorrere la notte in tenda. La bici, poi, era ed è il mio mezzo di trasporto preferito. È il simbolo della mia libertà, mi permetteva di muovermi velocemente per raggiungere mete e amici. Io so quant’è bello vivere intensamente il mondo fuori e ho voluto trasmettere queste emozioni anche alla mia famiglia. Era necessario che toccassero con mano quanto la natura, semplicemente esistendo e trattata con rispetto, può migliorare la vita di ognuno di noi.

Filippa Lagerbäck: sono sempre connessa con l’ambiente 

Una consapevolezza che abbiamo, sfortunatamente, provato sulla nostra pelle con l’arrivo della pandemia e con il successivo lockdown. Come tutti, anche io, Daniele e nostra figlia ci siamo ritrovati da un giorno all’altro chiusi dentro casa in una rivoluzionata quotidianità e
accompagnati dalla costante ansia generata dal virus. Come tanti italiani, abbiamo cucinato (io per la prima volta nella mia vita ho preparato gli spaghetti alle vongole), mangiato, ballato, «aperitivato» con gli amici in videochat. Soprattutto però abbiamo potuto camminare a piedi scalzi sull’erba e prenderci cura del nostro giardino.

Questo contatto con la natura, questo piccolo pezzo di terra fuori Milano ci ha permesso
di affrontare positivamente il periodo drammatico. Alcune volte, pensando a quante famiglie erano costrette a stare barricate dentro pochi metri quadrati, mi sono persino sentita in colpa. Poi, però, ho pensato che attraverso la tecnologia avrei potuto cercare di diffondere i benefici della mia fortuna verde.

Ho cercato di condividere il mio mondo durante il confinamento 

Durante la quarantena ho intensificato il rapporto con tutti i miei amici di Instagram, con i quali ho condiviso video e foto. Un’ape alle prese con il suo lavoro, il cinguettio degli uccelli, il silenzio del tramonto. Ogni giorno ho pubblicato stories e post rispetto a tutto ciò che la natura mi stava regalando in quel momento, cercando di raccontare quella primavera sospesa. In molti mi hanno scritto dicendomi di aver trasmesso loro momenti di leggerezza e serenità in quelle lunghissime giornate piene di notizie angoscianti.

Filippa Lagerbäck: ho capito il grande valore dell’ascolto 

Tante persone, inoltre, si sono confidate con me raccontandomi il loro dolore. Molte di loro
avevano membri della famiglia ricoverati e alcuni avevano addirittura perso un caro per colpa del coronavirus. Avevano bisogno di parlare o, ancora meglio, di essere semplicemente ascoltate. Ho capito il grande valore dell’ascolto. Mi è parso strano ma, probabilmente, è più semplice parlare del proprio mondo con un estraneo invece che con una persona che si conosce. A ogni modo, io mi sono sentita utile e mi ha reso felice poter donare anche solo un briciolo di serenità a qualcuno con i miei contenuti social. Una
terapia per gli altri e per me.

Le nuove tecnologie ci hanno aiutato a stare in contatto 

Nonostante il virus ci abbia costretti all’isolamento, le relazioni sociali non si sono appassite, ma anzi, nel mio caso si sono addirittura rafforzate. Complice mia figlia, una
diciassettenne digitale abituata alla comunicazione a distanza, ho instaurato un dialogo giornaliero con la mia famiglia di origine, persino con i miei fratelli con i quali mi sentivo raramente. Tutti i miei cari abitano in Svezia e per fortuna non hanno vissuto il drammatico clima italiano, anche se i numeri non sono per niente incoraggianti. I miei genitori, per esempio, trascorrono sempre le giornate all’aria aperta ma evitando il contatto ravvicinato con le persone.

A differenza di quanto avvenuto in Italia, in Svezia non c’è stato il lockdown totale: il governo ha scelto principalmente di raccomandare e non vietare, perché alla base del tessuto sociale risiede un forte senso di fiducia che i cittadini nutrono nei confronti del loro sistema. Mi ricordo che, quando ero più giovane, pensavo: «Se non dovessi farcela da sola, posso contare sul mio Paese». Mi piacerebbe poter avere di nuovo quella consapevolezza, quella fiducia, se solo capissimo che siamo tutti connessi, natura e uomini.

Filippa Lagerbäck

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