Dietro a una macchia in rilievo, un po’ grinzosa e ruvida al tatto, può nascondersi la cheratosi attinica, «una patologia cutanea benigna che però, nel 10% dei casi, può evolvere in una forma di tumore, cioè il carcinoma squamocellulare», interviene il dermatologo Marco Guizzardi, vicedirettore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis – Sant’Ambrogio di Milano.

Quali sono le cause?

Questa malattia, che stando alle ultime stime in Italia interessa il 20% delle persone tra i 50 e i 60 anni e il 40% degli over 70, è causata dall’effetto cumulativo dell’esposizione solare nel corso degli anni. «I raggi ultravioletti, infatti, penetrano nella pelle e raggiungono anche gli strati più profondi dell’epidermide, provocando addirittura un danno al DNA cellulare», aggiunge lo specialista. «In seguito a questo danno si ha un’alterazione dei meccanismi che regolano la proliferazione dei cheratinociti, ossia delle cellule più abbondanti dell’epidermide. Questa proliferazione incontrollata forma anche un accumulo superficiale, visibile e tangibile, che caratterizza proprio la cheratosi attinica».

I soggetti più colpiti 

Poiché è indotto da una fotoesposizione cronica, questo disturbo cutaneo interessa soprattutto la popolazione anziana – anche se a causa di imprudenze condotte in età pediatrica e adolescenziale si iniziano a riscontrare casi anche negli under 50 e nei giovani di 20-30 anni – e compare principalmente sulle zone del corpo che sono più frequentemente sottoposte alla luce del sole, come il viso, le orecchie, il cuoio capelluto, il dorso delle mani e gli avambracci. «La cheratosi attinica può colpire chiunque, certo, ma è sicuramente più comune negli individui con fototipo 1-2, cioè caratterizzati da pelle molto chiara, che si abbronza poco e si “scotta” subito, capelli biondi o rossi e occhi azzurri o verdi», prosegue Guizzardi. «Inoltre, gli individui più a rischio sono anche quelli che in passato hanno sempre trascurato di proteggere la pelle con un filtro solare adeguato, godendosi comunque svariate tintarelle, coloro che svolgono la propria attività sotto al sole, come i contadini, i pescatori, i manovali, chi pratica molto sport all’aperto, chi trascorre molte ore alla guida con il finestrino abbassato e quelli che amano fare lunghi viaggi nei luoghi particolarmente assolati come i Tropici».

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Parola d’ordine: prevenzione

Il modo migliore per prevenire la cheratosi, dunque, è quello di proteggersi adeguatamente dal sole e ciò deve essere fatto già a partire dall’età pediatrica perché questa patologia non è espressione della fotoesposizione degli ultimi due-tre anni ma del danno cumulativo di un’intera vita. «I bambini di età inferiore ai sei mesi non dovrebbero mai essere esposti ai raggi diretti del sole e in generale fino ai primi anni di vita bisognerebbe prestare massima attenzione, utilizzando fattori di protezione superiori a 50, cappellini, occhiali da sole e magliette a maniche lunghe ed evitando di uscire di casa nelle ore più calde e assolate della giornata, cioè tra le 11 e le 16», continua il dermatologo. Anche gli adulti devono osservare precise regole di prevenzione, come l’impiego di filtri solari adatti al proprio fototipo, che siano in grado di proteggere contro entrambi i raggi ultravioletti, UVA e UVB. Le creme solari, tuttavia, vengono diluite dal sudore e dalle immersioni in acqua, quindi è necessario ripetere l’applicazione ogni due ore e dopo ogni bagno in mare o in piscina. «Il consiglio generale è quello di esporsi al sole con gradualità, per dare al corpo il tempo di produrre la quantità necessaria di melanina, la sostanza che protegge “dall’interno” la pelle dai raggi. Infine, meglio lasciar perdere le lampade artificiali, che a lungo andare possono causare gli stessi danni cutanei del sole, ed evitare di spruzzare profumi o deodoranti sulla cute poco prima della tintarella perché le sostanze in essi contenuti sensibilizzano la cute, rendendola più soggetta alle scottature».

Come si presentano le macchie

Nella fase iniziale, le macchie della cheratosi attinica possono non essere facilmente
riconoscibili: spesso, infatti, le lesioni sono così piccole che l’occhio non è ancora in grado di scorgerle. «In questi casi ci si accorge di avere un ispessimento della pelle solo perché ci si passa sopra le dita del tutto casualmente, magari mentre ci si lava, ci si fa uno shampoo o ci si spalma una crema: nella fattispecie si ha come l’impressione di toccare una superficie circoscritta ruvida e increspata», spiega il dermatologo. La malattia ha uno sviluppo molto lento, quindi è possibile che per alcuni anni le macchie rimangano quasi del tutto invariate. «Quando invece diventano evidenti», puntualizza Guizzardi, «si manifestano sotto forma di placchette squamo-crostose dure, in genere con una tendenza all’arrossamento e sempre poste in rilievo rispetto alla cute circostante. Queste lesioni, che possono comparire singolarmente o essere multiple, nella maggior parte dei casi sono asintomatiche ma talvolta possono essere accompagnate anche da prurito, brucioredolore o sanguinamento».

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Può evolvere in tumore

Il problema fondamentale non è tanto la lesione stessa, che può essere sì antiestetica ma altrettanto facile da eliminare, quanto piuttosto la possibilità che assuma una natura maligna. «Ciò non avviene invariabilmente, ma solo nel 10% dei casi», precisa lo specialista. «Il fatto è che non si può sapere a priori quale placchetta evolverà in un tumore squamocellulare, che è il secondo cancro cutaneo più diffuso al mondo. Quindi tutte le cheratosi attiniche che si riscontrano devono essere oggetto di attenzione e di trattamento». Per questo motivo è importantissimo rivolgersi al dermatologo non appena ci si accorge di una lesione cutanea sospetta e dall’origine non nota: con un’attenta valutazione clinica, infatti, lo specialista è in grado di riconoscere questa malattia, distinguerla da altre patologie della pelle e impostare la terapia più consona.

Curare le forme iniziali

La ricerca si è interessata molto a questa patologia per lo sviluppo di nuove soluzioni terapeutiche e attualmente abbiamo a disposizione numerose possibilità di trattamento. «Nelle forme iniziali di cheratosi, cioè quando le lesioni sono di piccole dimensioni e di spessore ridotto, lo specialista opta per prodotti topici da applicare localmente: i farmaci di prima scelta sono rappresentati da diclofenac sodico, imiquimod, ingenolo mebutato e 5-fluorouracile, acquistabili in farmacia sotto forma di pomate, gel o lozioni. La durata di questa cura, che viene stabilita dallo specialista, potrebbe anche essere lunga: tutto dipende dal numero e dall’estensione delle placche», spiega Guizzardi.

Curare le forme avanzate

Se questi presidi non dovessero dare l’esito sperato o la cheratosi attinica fosse già in uno stadio piuttosto avanzato, è necessario ricorrere a trattamenti ambulatoriali che consentono di distruggere in toto la lesione. «Sicuramente la tecnica più innovativa è costituita dalla terapia fotodinamica», aggiunge il dermatologo. «Consiste nell’applicazione di un farmaco in crema fotosensibilizzante, l’acido 5-aminolevulinico, sulla zona affetta dal disturbo. Dopo aver atteso che il prodotto penetri nella cheratosi, il paziente viene esposto a una luce intensa di una lampada che è in grado di attivare il medicinale presente nella pomata e distruggere selettivamente le cellule anomale. Per rimuovere interamente una o più placche crostose è possibile che siano necessarie due o tre sedute». Il dermatologo può anche affidarsi alla crioterapia, adatta per le lesioni di qualsiasi entità, sia singole sia multiple: «In questo caso mediante uno spray o un tradizionale bastoncino di cotone si applica l’azoto liquido sulla macchia: nel giro di qualche secondo la lesione si “congela”, si trasforma in una crosta e nell’arco di qualche giorno si stacca naturalmente per lasciare il posto ad una nuova cute sana», prosegue Guizzardi. A disposizione del medico c’è anche la laser terapia che, attraverso l’impiego di particolari fasci di luce (laser ad anidride carbonica o laser Erbium:YAG), provoca una vaporizzazione delle cellule in eccesso ed elimina le conseguenti placche. Anche dopo questa procedura, eseguita anche in più sedute, sulla zona interessata si forma una piccola crosticina arrossata che, nei giorni successivi, cade da sola e viene sostituita con pelle rinnovata. «Infine si può optare per il curettage chirurgico: dopo aver praticato l’anestesia locale, lo specialista procede con la rimozione meccanica della cheratosi, servendosi di uno strumento simile a un cucchiaino, ma con il bordo tagliente. In questo modo il medico ha anche la possibilità di far analizzare istologicamente la lesione per chiarirne le caratteristiche e valutare la presenza o meno di un carcinoma», conclude Guizzardi.

Chiara Caretoni

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